ELEMENTI DI COMUNICAZIONE E RELAZIONI PUBBLICHE
A cura di: Gian Luigi Pezza  
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Lezione 2

La funzione delle R. P. nell'Impresa privata

Ma in cosa consiste questa funzione? Dobbiamo subito osservare che secondo la dottrina che studia il fenomeno delle relazioni pubbliche la risposta alla nostra domanda non è facilmente rilevabile. Ma questo dipende dal fatto che la dottrina si é sforzata di dare una definizione, spesso avendo riguardo più all'attività di R. P. piuttosto che alla funzione di R. P. e ciò ha causato una grande confusione di idee e ha dato la stura a quelle novecento definizioni di cui si è detto. 

Se proviamo ad affrontare il problema dal punto di vista della moderna teoria economica dell'impresa possiamo sottolinearne alcuni aspetti peculiari: 

  • la grande impresa, che vive in un'economia liberistica concorrenziale, non opera più secondo gli schemi della teoria classica della "libera concorrenza", ma secondo schemi di "competizione oligopolistica" nei quali il comportamento razionale ottimale dell'impresa non esiste: vi sono invece vari comportamenti, tutti razionali e relativamente efficienti (come enunciato dagli economisti Schumpeter, Robinson, Chamberlin ecc.); 
  • l'impresa non è legata a equilibri stabiliti dalle leggi economiche: persegue invece numerosi fini (concetto di "costellazione di fini") 
  • in queste costellazioni di fini, l'impresa può, e di fatto spesso lo fa, proporsi anche fini di relazioni pubbliche ; 
  • secondo la costellazione di fini perseguita, variano i modelli di comportamento dell'impresa (variare i fini significa modificare la politica dell'impresa); proporsi o non proporsi fini di R. P. ha rilevanza per tutta l'attività dell'impresa che ne viene caratterizzata (ad esempio diverso orientamento nei rapporti pubblici dell'ENI prima e dopo il 1962); 
  • per la teoria economica classica l'impresa non poteva perseguire altri fini al di fuori di quello del massimo profitto, data la legge dell'equilibrio tra costi e ricavi; per questa ragione coloro i quali, operando nell'impresa, rimangono ancora ancorati a questa teoria ormai superata, sono inclini a considerare i fini di R. P. una stravaganza oppure un lusso (opinione negativa sulle R. P. dell'impresa); 
  • a seguito delle differenze che esistono tra proprietà dell'impresa e direzione dell'impresa (quest'ultima è quella che esercita il vero controllo dell'impresa) i fini dell'impresa stessa sono notevolmente mutati; 
  • L'impresa è passata da una struttura elementare ad una struttura complessa, burocraticamente organizzata. 

Da un punto di vista sociologico la struttura della società attuale è oggi concepita come un complesso di Istituzioni pubbliche o private, dotate di poteri giuridici, che sono di fatto portatrici di vari interessi e che agiscono come "gruppi di pressione"; 

- ciascuna di queste Istituzioni (Enti pubblici, Partiti politici, Sindacati, Confederazione Generale dell'Industria (Confindustria) e Unioni degli industriali delle varie Regioni, Gruppi industriali di rilevanza nazionale, Associazioni di categoria, Associazioni di consumatori ecc.) è compartecipe nell'elaborazione della attività economica, giuridica e politica del Paese e deve avere come scopo prioritario l'interesse generale che si pone quale risultante dei vari interessi settoriali; 

- l'Impresa privata, ma a maggior ragione l'Istituzione pubblica, quale centro di riferimento di interessi, è chiamata a partecipare alla vita generale dell'ordinamento, in quanto rappresentante di interessi particolari che debbono essere armonizzati e riassunti nell'interesse generale. 

In altre parole l'Istituzione si pone, secondo gli orientamenti dell'ordinamento attuale, in una posizione sempre più partecipe della vita pubblica. Le decisioni che riguardano l'interesse generale non debbono essere più monopolio dello Stato, ma debbono essere prese dallo Stato in compartecipazione con i vari centri d'interessi. 

In questa sua attività di compartecipazione dovrà quindi esistere nell'Istituzione - e se non vi sarà, vorrà dire che essa svolge male la sua attività, rispondendo solo in parte alla sua funzione storica - una funzione rivolta al collegamento col mondo esterno: pubblici poteri (Stato), altre Organizzazioni, opinione pubblica in genere. Questa funzione è precisamente la funzione di Relazioni Pubbliche. 

Tutto ciò premesso, possiamo definire la funzione di Relazioni Pubbliche quella funzione organica e necessaria per mezzo della quale l'impresa comunica e partecipa con l'esterno: comunica con l'opinione pubblica e gli altri centri di interessi, pubblici e privati, partecipa ai problemi della società civile e politica in cui opera, al fine di soddisfare, oltre ai propri interessi di cui è portatrice, l'interesse generale. 

Prima di preoccuparsi del mondo esterno un'Istituzione/Impresa deve innanzitutto attuare una politica di Relazioni Pubbliche al suo interno (c. d. Relazioni Umane), dove il gruppo è costituito dai suoi dipendenti i quali, generalmente sono scontenti del proprio trattamento economico e spesso non sono sufficientemente motivati a prestare la propria opera nella posizione loro assegnata. 

Le risorse umane, come oggi si è soliti chiamare il personale, non sono macchine ma persone e come tali debbono essere chiamati a partecipare, o attraverso le loro rappresentanze o in altra maniera, alla vita dell'Ente o dell'Azienda. L'Istituzione deve sentire l'esigenza di conoscere la voce del suo personale, spronando la dirigenza a conoscere meglio i propri dipendenti, ad ascoltare i loro problemi, ad accettare i suggerimenti, instaurando un colloquio continuo e non limitandosi a dare solo disposizioni ma mettendo i dipendenti nella condizione di aderire ad esse e attuarle con convinzione.


(1) Questa impostazione teorica, che ci trova totalmente d'accordo, fu proposta, , nel lontano 1967, da Federico Spantigati, Capo Ufficio Relazioni Pubbliche della Esso.

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Theorèin - Aprile 2004